Ormai è assoldato che Cerberus ci ha abituato a serate sobrie, posate e adatte alle tisane calde di questa stagione. Proprio per questo hanno deciso di portare in Italia i Destruction per il loro quarantennale di carriera e lo fanno in pompa magna, accompagnandoli a Crisix, Enforcer e Whiplash, che se non hanno demolito lo Slaughter Club, poco ci è mancato. Ecco il report della serata!

CRISIX

I catalani Crisix tornano in Italia dopo 7 anni, quando aprirono per Suicidal Angels, Skull Fist ed Evil Invaders, e accendono la miccia di quella che si rivelerà essere una serata esplosiva, una delle migliori viste quest’anno allo Slaughter. In effetti, il calibro delle band lasciava ben sperare e il pubblico ha finalmente gremito un locale che sta sempre più diventando un punto di riferimento per il metal milanese.

Ma dicevamo dei Crisix. Assimilata ormai da anni e alla perfezione la lezione americana, i thrasher spagnoli danno vita a un live molto movimentato e divertente che vede in apertura World Needs Mosh, Macarena Mosh e Leech Breeder, tre thrashoni di quelli giusti che alzano subito la temperatura nel locale. Ottima anche l’intesa con il pubblico, con diversi botta e risposta anche a luci rosse tra il vocalist Juliàn Baz e qualche buontempone. Il groove di G.M.M. (The Great Metal Motherfucker) e i cambi di tempo di Full HD mostrano una band solida e rodata e che tiene alto il nome del thrash anche quando dà vita a classiche trovate, come il rocambolesco scambio di strumenti in corsa con il quale i nostri danno vita
al medley manifesto Hit the Lights / Walk / Antisocial che stende tutti con ottimi risultati. Chiude la mezzora a loro disposizione, Ultra Thrash in cui lo spilungone Busqué si lancia
nel pubblico per eseguire l’assolo attorniato da mosher ben contenti di prender parte a cose del genere.

ENFORCER

L’impatto molto buono generato dai Crisix viene un po’ affievolito dagli svedesi Enforcer, band che fa invece del metal di inizio anni ’80, il suo inossidabile punto di riferimento. Non è che i quattro biondi non ci sappiano fare. Tutt’altro. È che il loro metal classico viene un po’ preso in mezzo e stritolato nella morsa delle altre band. C’è da dire che i primi a saperlo sono proprio loro e già da tempo autoproclamatesi alfieri di quella stagione imprescindibile, come campeggia nei banner sul palco e come hanno ripetutamente dichiarato nelle loro interviste, non se ne curano affatto e vanno, giustamente, avanti per la loro strada al meglio delle loro possibilità (assolo di batteria, sic, compreso).
Comunque, la resa live – sia nei pezzi più speed come Destroyer, Coming Alive o Mesmerized by Fire, sia in quelli più cadenzati come Zenith of the Black Sun o Nostalgia – è sempre prorompente,
ben supportata dalle doti del cantante-chitarrista Olof Wikstrand e dal resto della band.
Insomma, gli Enforcer hanno dalla loro una passione per l’heavy metal che trasuda da tutti i pori – anche se a me personalmente non convincono al 100% – ed è una passione che riescono pienamente a trasmettere al pubblico. E non è poco.

WHIPLASH

Un po’ d’attesa dovuta a qualche problemino tecnico di troppo e arrivano sul palco i Whiplash di Tony Portaro, band che ha bisogno di poche presentazioni. Assoldato l’ex-Thanatonic Desire Will Winton al basso e il mastodontico Rider Johnson alla batteria, Portaro e i Whiplash danno sfoggio di una prestazione graffiante, con diversi pezzi estratti da quel Power and Pain che nel 1986 li fece entrare di diritto nella storia del thrash metal.
Senza troppi fronzoli, Last Man Alive si abbatte come una granata sul pubblico, Killing on Monroe Street e The Burning of Atlanta sono piombo fuso sugli spettatori, la micidiale Insult to Injury – ai tempi prestata con risultati poco convincenti alla voce di Glenn Hansen – è una scarica di pallettoni calibro 12 di puro thrash e Walk the Plank, pezzo da novanta tratto dall’ottimo seguito di Power and Pain, Ticket to Mayhem, si assesta come fendente diretto sul cranio dei metallers ormai già partiti per la tangente. È vero, ogni tanto Portaro s’incazza per il ritorno della chitarra nella spia oppure nei momenti topici, quando cioè, tra un pezzo e l’altro, il pubblico inneggia a gran voce il nome ‘Whiplash‘, non trova altro di meglio da fare che tirare fuori il cellulare e, gongolante, riprendersi il suo pubblico. Ma va bene così, del resto il thrash come genere ha sempre regalato questi momenti di nonsense.
Il poker finale è un tripudio di pezzi estratti da Power and Pain: Stage Dive, Red Bomb, l’epocale Spit On Your Grave e Power Thrashing Death spaccano ancora oggi e mettono una croce sopra una platea cotta a puntino. Difficile chiedere di più alla band di Portaro che infatti si congeda dal palco tra meritatissimi applausi. Respect.

DESTRUCTION

È il turno dei Destruction, e l’aria, già calda per la bella performance dei Whiplash, si fa incandescente. Quando i teutonici iniziano a pestare come forsennati sulle note di Curse the Gods appare piuttosto evidente quello a cui stiamo andando incontro. Infatti, se vogliamo paragonare i Destruction a qualcosa di fisico possiamo tranquillamente rappresentarli come una colata lavica che scende inesorabile, travolgendo e infiammando tutto quello che trova davanti.
Personalmente li avevo già visti in altre occasioni, ma stavolta mi hanno veramente impressionato per compattezza, furore e determinazione. 40 anni di stage portati alla grande, con il granitico Schmier in veste di gran cerimoniere, le due asce Martin Furia e Damir Eskić a furoreggiare su e giù per il palco,
ma soprattutto la pesantezza e la precisione dei colpi inferti da Randy Black, una vera sentenza. Anche la scaletta è abbastanza varia, andando a pescare un pò in tutta la produzione storica del combo tedesco con preferenza per quell’Infernal Overkill da tutti riconosciuto come uno dei capisaldi del thrash teutonico. Le vette del concerto sono raggiunte – a mio avviso – da Nailed to the Cross, Life Without Sense, Thrash Attack, Eternal Ban e Bestial Invasion, e la sensazione costante è quella di trovarsi incastrati sotto un rullo compressore che avanza inesorabile.
Anche lo spazio dedicato al solo è piuttosto originale con le due chitarre che si sovrappongono
e si staccano in pericolosi giochi a effetto. Con la chiusura di Bestial Invasion si alzano le luci per rifiatare qualche istante, ma i Destruction sono ancora lì, pronti a azzannare la preda per il collo e la finiscono con tre mazzate conclusive Diabolical – ottimo pezzo, tra gli episodi più recenti della saga del Macellaio Pazzo – la storica Total Desaster e la devastante Thrash ‘Til Death. Ce ne possiamo tornare a casa storditi e contenti.

Setlist Crisix:
World Needs Mosh
Macarena Mosh
Leech Breeder
G.M.M. (The Great Metal Motherfucker)
Full HD
Medley Hit the Lights / Walk / Antisocial
Ultra Thrash

Setlist Enforcer:
Destroyer
Undying Evil
From Beyond
Coming Alive
Zenith of the Black Sun
Nostalgia
Mesmerized by Fire
Live for the Night
Take Me Out of This Nightmare
Midnight Vice

Setlist Whiplash:
Last Man Alive
Killing on Monroe Street
The Burning of Atlanta
Insult to Injury
Sword Meet Skull, Skull Meet Sword
Walk the Plank
Stage Dive
Red Bomb
Spit On Your Grave
Power Thrashing Death

Setlist Destruction:
Curse The Gods
Death Trap
Nailed to the Cross
Mad Butcher
Life Without Sense
Release From Agony
Antichrist
Thrash Attack
Guitar Solo
Eternal Ban
The Butcher Strikes Back
Tormentor
Bestial Invasion

Diabolical
Total Desaster
Thrash ‘Til Death

Un pensiero su “LIVE REPORT: DESTRUCTION 40TH ANNIVERSARY – Slaughter Club (MI)- 28/10/23”

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