Siamo alla chiusura dell’estate e il Legend Club riapre le porte con una serata tutta italiana! Il locale si presenta rinnovato, con un nuovo impianto audio e luci, e l’affluenza numerosa di pubblico già dai primi momenti lascia presagire ad una serata memorabile. Qui il report fotografico, mentre di seguito pareri ed impressioni di una serata che ha soddisfatto tutti i presenti.

Pugnale

Ci pensano i bergamaschi Pugnale ad aprire le danze, annunciati da una lugubre voce parlata, che lascia immediatamente spazio alla feroce sezione strumentale di R e Z, rispettivamente chitarra e batteria.

L’assenza di un bassista potrebbe lasciare perplessi, ma qualsiasi dubbio viene messo a tacere dall’ingresso di C, istrionico frontman che emerge dal retro del palco con il suo scream.

I Pugnale nel corso del loro set regalano una rapida successione di canzoni incalzanti dallo stampo black metal / grindcore, con C che arricchisce il muro di suono della band con effetti noise e cacofonici, gestiti in maniera quasi maniacale da un arsenale di pedali e effetti posti ai suoi piedi.

La performance del gruppo fa breccia nel pubblico già numeroso, grazie anche alla loro padronanza dello stage: R e C si muovono infatti come dei forsennati (con quest’ultimo che si lancia tra il pubblico per scatenare qualche pogo), mentre Z si dimostra impassibile non perdendo mai un colpo.

L’esibizione si congeda con un assaggio di due nuovi brani, preceduti da una folle e ispirata cover dei Bahaus, Bela Lugosi’s Dead.

Setlist
  1. Burial Wounds
  2. Cult of Silence
  3. Hanged in Chains
  4. Wretched Deprivation
  5. Betrayal of Flesh
  6. Becoming Annihilation
  7. Exhumed Tortured Rests
  8. Pestilence
  9. Devoured by Iniquities
  10. Sentenced
  11. Of Ruins and Remains
  12. Separated Wounds
  13. Dissolving the FleshCrown of Worms
  14. Unto the Black Flame
  15. Bela Lugosi’s Dead (Bauhaus Cover)
  16. New track #1
  17. New track #2

Shores of Null

Tempo di un veloce cambio palco e lo stage si riempie! Sono arrivati infatti i romani Shores of Null, reduci dall’ottimo The Loss of Beauty, un disco che racconta di una band in stato di grazia.

E questa serata non fa altro che dimostrare l’ottima resa sonora del gruppo, guidata dal frontman Davide, che regala una performance vocale senza sbavature ed è in grado di trascinare il pubblico nei diversi passaggi dei brani.

La presenza dei tre chitarristi permette di arricchire i brani con numerose armonizzazioni, che rendono la resa sonora quanto più fedele alla controparte in studio. E’ sicuramente questa incredibile precisione nell’esecuzione, unita anche alla solida sezione ritmica, che rendono la scaletta un crescendo di emozioni che ci accompagna per quasi un’ora: il focus principale è sicuramente sull’ultimo lavoro in studio, ma non mancano anche delle chicche da lavori come Quiescent e Black Drapes for Tomorrow.

Setlist
  1. Transitory (Intro)
  2. Destination Woe
  3. The Last Flower
  4. Ruins Alive
  5. Quiescent
  6. Darkness Won’t Take Me
  7. Nothing Left to Burn
  8. Black Drapes for Tomorrow
  9. My Darkest Years
  10. A New Death Is Born

Messa

Ci troviamo finalmente all’ultimo cambio palco per il piatto forte della serata: i Messa, che ritornano al Legend dopo quasi un anno dall’ultima esibizione in terra meneghina.

Scaletta che non mostra sostanziali differenze rispetto all’ultima uscita locale, ma ci racconta di una band capace sempre di stupire: si parte con Babalon e Dark Horse, ed il pubblico è già ipnotizzato ed immerso nell’atmosfera doom settantiana, nonostante qualche problema con i volumi della voce che per fortuna vengono risolti in tempo record.

La band è in formissima: mentre la frontman Sara ci racconta di ansie e paure con la sua suggestiva interpretazione vocale, il roboante basso di Mark sorregge i fraseggi chitarristici di Alberto, guidati dai precisi (e potenti) colpi di Mistyr, così forti da far volare un piatto al termine della seconda canzone.

Superato un altro brano tratto dall’ultimo disco, Suspended, arriva il turno di un grande classico della band, Leah, accolto da un’ovazione del pubblico.

Prima di procedere con il gran finale, è arrivato il momento di un assolo di chitarra a 12 corde, sia per smorzare il tono della scaletta, ma anche per mostrare ancora una volta le grandi abilità alla chitarra di Alberto: che sia il semplice utilizzo di un archetto di violino oppure di intricati quanto veloci fraseggi jazz, ci troviamo di fronte ad un chitarrista che ha saputo rileggere in chiave moderna i lavori dei chitarristi anni ’70.

Manca ormai poco e la band piazza in rapida successione Rubedo e Pilgrim, prima di congedarsi per un encore con una piccola perla, Hour of the Wolf. Prima di procedere, però, Sara coglie un momento per ringraziare i presenti e assicurarci che la band ritornerà nel prossimo futuro, magari con qualche nuovo brano…

Terminata la serata, il pubblico è in estasi e prende per un’ultima volta d’assalto i banconi dei merch posti all’uscita del locale: segno che il metal italiano è vivo e vegeto!

Setlist
  1. Babalon
  2. Dark Horse
  3. Suspended
  4. Leah
  5. Guitar Solo
  6. Pilgrim
  7. Rubedo
  8. Hour of the Wolf

Di Giovanni Fiordeponti

Heavy metal and computer science: name a better duo!

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